La mia filosofia..


"Ci vuole un minuto per notare una persona speciale, un'ora per apprezzarla, un giorno per volerle bene, una parola per ferirla, ma poi tutta una vita per dimenticarla!"

domenica 22 maggio 2011

RITORNARE BAMBINI !!

Ho dedicato post a vari generi cinematografici e per questo non potevo non dedicare almeno un post ai primi film che ho visto...i cartoni DISNEY..i classici, i più belli. Con questa carrellata spero che torniate in dietro nel tempo e vi riaffiorino dei bei ricordi.

10° POSTO:  "Robin hood"1973


9° POSTO: "Aristogatti" 1970


8° POSTO: "Anastasia" 1997

7° POSTO: " La sirenetta" 1989



6°POSTO: "Toy story" 1995

5° POSTO:  "Aladdin" 1992


4° POSTO: "La carica dei 101" 1961


3° POSTO: "La Bella e la Bestia" 1991


2° POSTO: "Il re leone" 1994


1° POSTO: "Pocahontas" 1995


sabato 14 maggio 2011

C’è solo un modo di dimenticare il tempo: impiegarlo

TEMPO ecco di cosa avrei più bisogno in questo momento; avrei bisogno di più tempo per me stessa, tempo per scrivere, leggere, o semplicemente rilassarsi. Le giornate non dovrebbero volare via in questo modo, è un ingiustizia. Ogni tanto mi soffermo a pensare che ho già 21 anni e che mi sembrano passati velocemente e la cosa mi spaventa, poichè non abbiamo un tempo infinito. il nostro tempo è la vita, la nostra. Durante l'infanzia il tempo è inconcepibile e quindi non siamo consci che abbia una fine, nell'adolescenza il tempo sembra allungarsi e molti non desiderano altro che crescere, poi si diventa adulti e il tempo sembra non bastare mai, durante la vecchiaia si sente ormai il "peso" del tempo ma se siamo arrivati a questo stadio vuol dire che abbiamo vissuto la nostra vita e si spera che non se ne sia sprecato nemmeno un minuto. Il problema è quando il nostro tempo finisce quando non dovrebbe finire. E quindi come disse Orazio
"Affera il tempo che passa e non fare affidamento sul domani" poichè come aggiunse Romano Battaglia, (da Il fiume della vita): "Il tempo è come un fiocco di neve, scompare mentre cerchiamo di decidere cosa farne". 
A tutti noi piacerebbe poter vivere la nostra vita e quando si commette un errore tornare indietro nel tempo. Su tale tematica i registi cinematografici si sono sbizzarriti, dai film in cui il protagonista rivive lo stesso giorno finchè non diventa conscio che sta sprecando il proprio tempo, ai film sui viaggi nel passato e nel futuro. E  in quest'ultima categoria c'è un film per eccellenza: RITORNO AL FUTURO (Back to the future):
 

La trilogia di Ritorno al futuro è una saga cinematografica comico-fantascientifica, di grandissimo successo negli anni ottanta e novanta. Ideata da Bob Gale e Robert Zemeckis e diretta da quest'ultimo, è stata prodotta da Steven Spielberg .
Narra delle peripezie a cavallo di varie epoche della storia americana (il 1955, il 1985, il 2015 e il 1885) affrontate dal giovane Marty McFly (Michael J. Fox) e dal suo amico, lo stravagante scienziato Emmett "Doc" Brown (Christopher Lloyd), inventore di una bizzarra macchina del tempo ricavata da un'autovettura DeLorean DMC-12. Nel corso dei tre episodi i due si trovano a risolvere diversi problemi per evitare catastrofici paradossi temporali, come il possibile mancato matrimonio dei genitori di Marty negli anni cinquanta, l'arresto del figlio di Marty nel 2015 o la morte di Doc per mano di un feroce pistolero nel 1885, o ancora l'uccisione del padre di Marty per mano del suo eterno rivale Biff Tannen (Thomas F. Wilson).
Caratterizzata da uno spiccato umorismo, da un efficace uso degli effetti speciali, da un ritmo indiavolato e da un velo di nostalgia, la saga di Ritorno al futuro ha appassionato un'intera generazione di spettatori e regalato la grande notorietà al regista Robert Zemeckis e all'attore Michael J. Fox.


mercoledì 4 maggio 2011

LET'S DANCE!

5° POSTO: "Pulp Fiction" 1994


4° POSTO: "Flash Dance" 1983


3° POSTO: "Gattopardo" 1958


2° POSTO: "La febbre del sabato sera"  1977


1° POSTO: "Dirty Dancing" 1987



mercoledì 27 aprile 2011

QUANDO SI è ALLA RICERCA DI SE STESSI...ALCUNE VOLTE CI SI PERDE

L'altro giorno ho rivisto un film stupendo che ti fa pensare su tante cose, sul valore dei soldi, sul valore di chi siamo. Spesso perdiamo la nostra identità immersi in un mondo pieno di etichette e di pregiudizi. Ma se vi chiedessi quale è per voi il senso della vita, cosa mi rispondereste? Beh io non credo di avere una risposta, ma vi citerò una delle più belle frasi che si trova nel film di cui fra poco vi parlerò: "HAPPINESS IS REAL  ONLY WHEN SHARED!".
Il film da cui ho tratto questa frase, si intitola: INTO THE WILD.
Storia vera del neo-laureato Christopher McCandless (Emile Hirsh) che nel 1992, a 22 anni, stanco del consumismo e del benessere fittizio decide di abbandonare la famiglia e le promettenti prospettive di studio e professione, dà in beneficenza tutti i suoi averi (24.292 dollari) e affronta un viaggio senza nessun sostegno né economico né umano che lo porterà nei luoghi più selvaggi degli Stati Uniti fino ad immergersi nell'immensa natura dell'Alaska, che segnerà per sempre la sua esistenza, fino a quando quattro mesi dopo verrà trovato morto accanto al suo diario.
Il film è tratto dal libro di Jon Krakauer, Nelle terre estreme, uscito negli Stati Uniti nel 1996.
Quando Sean Penn vide in una libreria di Brentwood il libro di Krakauer fu immediatamente attratto dall’immagine di copertina: un autobus abbandonato nella neve. Quella notte lesse due volte di seguito il libro e la mattina successiva si mise subito all’opera per ottenerne i diritti cinematografici. La famiglia però non voleva che la drammatica vicenda di Chris diventasse un film e per ben dieci anni si è opposta alla versione cinematografica del libro.
Billie McCandless, madre di Chris, aveva fortissime remore perché diceva di aver visto in sogno il figlio che la pregava di non cedere i diritti cinematografici della sua storia. Poi un giorno Penn ha avuto, senza che si potesse spiegare il perché, il consenso per fare il film di cui aveva già in testa la sceneggiatura: ha dovuto solo scriverla.

Certamente non era facile riuscire non solo a raccontare il viaggio, i luoghi, le persone in cui il ragazzo in quei due anni si era imbattuto, ma le emozioni, i pensieri, i turbamenti che lo portarono via via a scelte sempre più radicali.
Prima della seconda stesura della sceneggiatura Penn ha ripercorso, tappa dopo tappa, quel viaggio e ha voluto conoscere le persone che avevano condiviso dei momenti di quel percorso (anche interiore) di Chris. Molto importanti poi sono stati gli incontri con la famiglia del ragazzo, in particolare con la sorella Carine. I due fratelli erano uniti da un legame fortissimo e la ragazza conservava lettere, ricordi, appunti e un suo diario di quel periodo che ha messo a disposizione del regista e sceneggiatore.
La scelta del protagonista è caduta sul ventiduenne Emile Hirsch. Penn ha frequentato il giovane attore per quattro mesi prima di assegnargli il ruolo, quasi per metterlo alla prova e verificarne la disponibilità, che doveva essere totale, a mettersi in gioco: avrebbe dovuto fare rafting, arrampicate, vivere in condizioni estreme per otto mesi, praticamente trasformarsi da ragazzo in uomo durante le riprese. 
Ecco nelle parole dell’attore questa sua esperienza: “Quando mi sono trovato in quel posto, con indosso i veri vestiti che portava Chris, e sulle spalle il suo vero zaino, che era davvero molto pesante, mi sono chiesto come abbia fatto ad avanzare in quel freddo, in quella neve, in un ambiente così ostile.”
Inoltre Hirsch ha iniziato le riprese dopo aver perso quasi venti chili di peso ed è arrivato a pesare 52 chili nelle scene finali del film. Proprio perché è più facile riprendere peso che perderlo, le scene finali sono state le prime ad essere girate.


Per entrare maggiormente nel mondo di Chris, Penn ha scritturato Wayne Westerberg con cui Chris aveva fatto amicizia nel South Dakota, come consulente e autista di camion durante le riprese.

Il film è stato suddiviso in capitoli su cui vengono scanditi i due anni del viaggio e che corrispondono a vari momenti della vita: come se il viaggio fosse appunto un’iniziazione, che fa percorrere il tragitto che va dalla nascita, alla presa di coscienza, alla morte. Lo spettatore entra così  profondamente  nella psicologia di Chris, nella sua purezza, nella sua ostinazione in quello che era, in quello che avrebbe voluto essere e in quello che credeva di essere. Si passa dai campi di grano dorato del South Dakota ai vortici del fiume Colorado percorso controcorrente, fino alla comune alternativa di Slab City in California. Incontrerà uomini e donne che vivono ai margini della società americana, incontri che lo cambieranno e che provocheranno cambiamenti anche in quegli uomini e in quelle donne. Poi Chris decide di andare oltre, di arrivare là, dove la natura è davvero selvaggia, in Alaska e di farlo da solo, senza mediazioni umane.
La natura selvaggia (i luoghi sono proprio quelli attraversati dal ragazzo) è vista attraverso gli occhi di quell’indomito viaggiatore e l’autenticità ci viene trasmessa anche grazie all’uso di attori mescolati a non attori, a immagini di altissima poesia e a momenti di crudo realismo.

Una fortissima emozione ha suscitato in tutta la troupe la visione dell’autobus (che proveniva  dal trasporto pubblico della città di Fairbanks ed era stato portato là per ospitare le squadre di operai  addetti alla costruzione della ferrovia) in cui Chris visse le ultime fasi della sua vita, le scritte che lui aveva tracciato sul soffitto, i suoi oggetti e tutte le tracce della sua presenza ed era stata proprio l’immagine di quell’autobus immerso nella neve sulla copertina del libro di Krakauer ad attirare dalla vetrina di una libreria Sean Penn. 
Il mezzo autentico è rimasto là, in quel bosco dell’Alaska, e non è stato utilizzato per le riprese, per rispetto per la famiglia del ragazzo, ma  è stato perfettamente ricostruito.
Terribili le immagini degli ultimi giorni di vita disperato tentativo di cercare una via di salvezza, e del quando ormai tutte le forze se ne erano andate, nessuno poteva sentire le richieste d'aiuto e la natura selvaggia aveva avuto il definitivo predominio. 






Se vi piacciono i film che alla fine vi lasciano pieni di domande, e che vi lasciano con la sensazione di aver imparato qualcosa in più...guardatelo. Ovviamente non è un film leggero da vedere con gli amici, non è divertente, ma è semplicemente vero e toccante.

There is a pleasure in the pathless woods,
There is a rapture on the lonely shore,
There is society, where none intrudes,
By the deep sea, and music in its roar:
I love not man the less, but Nature more.

venerdì 22 aprile 2011

BUONA PASQUA...E BUONA MANGIATA!!

Purtroppo, anzi fortunatamente direi, questo week end non sarò a Firenze vado in campagna dove ovviamente non ho connessione ad internet, e quindi anticipo la classifica TOP 5 a oggi.
Ovviamente essendo domenica Pasqua non potevo non dedicare questa classifica al buonissimo e indiscusso protagonista delle nostre tavole in questo periodo: LA CIOCCOLATA


5° POSTO: "Fragola e cioccolato" (1994)


4° POSTO: "Come l'acqua per il cioccolato" (1992)

 
3° POSTO: "Lezioni di cioccolato" (2007)


2° POSTO: "La fabbrica di cioccolato" (2005)


1° POSTO: "Chocolat" (2000)



Non mi resta che augurarvi BUONA PASQUA A TUTTI e buona scorpacciata di uova di cioccolato...^_^










lunedì 18 aprile 2011

ASSIGNMENT 6.3 E 6.4:La coltura ha il suo prezzo!!

La coltura costa si sa, basti pensare a quanto costano i libri di medicina, mi viene un calo di pressione al solo ricordo; comunque a dimostrazione della frase precedente vi è la riprova anche degli articoli archiviati in PubMed dove alcuni, per leggerli interamente, devi pagare una quota. In pratica ti devi abbonare alla rivista su cui è stato pubblicato l'articolo. Questo è un limite notevole, poiché vuol dire che non tutti gli articoli che si trovano, sono a noi accessibili, a meno che non si tiri fuori il cash; ma per superare tale limite,o almeno per evitarlo, il professore di informatica ha proposto un metodo. Ovvero, poichè l'università è abbonata ad alcuni delle riviste su cui  si possono trovare gli articoli archiviati in PubMed, allora noi studenti, a scopo didattico, possiamo sfruttare tale cosa a nostro favore. In pratica dobbiamo utilizzare il proxy dell'università, ovvero fingere di essere connessi da uno dei computer dell'università. Per prima cosa dovete cercare dove si trovano le impostazione di Firefox o di qualunque altro browers abbiate, (e già questo passo per la sottoscritta non è stato facile); fato ciò dovrete modificare le impostazioni di connessioni di rete del Fireforx, ovvero dobbiamo determinare la configurazione manuale del proxy. L'ultimo passaggio è inserire i dati giusti nella voce proxy HTTP e il numero nella porta; a questo punto siamo connessi tramite il proxy dell'università, e quindi tutte le riviste a cui è abbonata la nostra università diventano accessibili per noi "miseri" studenti. Per visualizzarli basta identificarci tramite il nostro numero di matricola e la nostra personale password.
Ciò che ho appena descritto l'ho provato ricercando gli articoli del professore Paternostro (ne ho trovati 13 di cui uno solo FREE FULL TEXT); una volta eliminato gli articoli eseguiti da omonimi, ho seguito i passi precedentemente descritti e sono riuscita a scaricare un articolo del professore Ferdinando Paternostro, allacciandomi al proxy dell'università. Consiglio una volta sfruttato tale trucchetto per scaricare gli articoli rimodificate le impostazioni di connessione tornando alle impostazioni iniziali, poichè se rimanete connessi tramite il proxy dell'università alcuni siti, non vi saranno più accessibili.
Allora non vi resta che provare....e buona lettura!!!

domenica 17 aprile 2011

TOP 5: TUTTI A BALLARE AL CINEMA...!!

5° POSTO: "Mamma mia" (2008)


4° POSTO: "Across the universe" (2007, questo film l'ho rivisto stamani ed è favoloso e ha come colonna sonora le canzoni dei Beatles e seppure non vengano mai menzionati esplicitamente nel film, sono numerose le citazioni e i riferimenti)

 

3° POSTO: "Chicago" (2002)


2° POSTO: "Moulin Rouge" (2001)

 
1° POSTO: "Grease" (1978)


venerdì 15 aprile 2011

NO AI RACCOMANDATI, SI AL MERITO

L'idea di questo post è scaturita immediatamente dopo il boato di applausi, che c'è stato dopo che il professore Formiconi aveva detto che il voto non eguaglia sempre la bravura di una persona, un dottore laureato con 102 non è meno bravo di uno laureato con 110 e lode. A tale proposito mi è venuto in mente un film uscito nelle sale da pochissimi giorni, che parla di 2 ragazzi e una ragazza, che pur essendo bravissimi nei loro lavoro, devono affrontare la realtà di una società, come la nostra,  in cui spesso non si ottiene un lavoro per le proprie capacità, ma in base a quanto sei raccomandato. Infatti il film C'è CHI DICE NO,  tratta di tre ex compagni di scuola si ritrovano dopo vent'anni e si rendono conto che un nemico comune li perseguita: i raccomandati. Max (Luca Argentero) è un giornalista di talento in un quotidiano locale che per arrotondare è costretto a scrivere sulle più improbabili riviste di settore; giunto a un passo dalla tanto agognata assunzione viene scalzato dalla figlia di un famoso scrittore. Irma (Paola Cortellesi) pur essendo uno dei dottori più stimati dell'ospedale, vive grazie alle borse di studio, e proprio quando sta per ottenere il contratto le viene preferita la nuova fidanzata del primario. Samuele (Paolo Ruffini) è una specie di genio del diritto penale, e dopo anni passati a fare da assistente-schiavo ad un barone universitario è in procinto di vincere un concorso per ricercatore, ma – anche in questo caso - il posto gli verrà soffiato dal genero inconcludente del barone.
Il cinema italiano ha evidentemente scoperto la drammaticità del precariato e di conseguenza l’urgenza di affrontare sul grande schermo la vita di chi tira avanti con contratti a progetto, collaborazioni a termine, lavori a tempo determinato. Lo ha fatto Paolo Virzì con Tutta la vita davanti, poi Anna Negri con Riprendimi e Massimo Venier con Generazione 1000 euro (un bellissimo film da vedere ,molto divertente ) e ancora Ascanio Celestini col documentario Parole sante, raccontando con toni e stili diversi il cul de sac in cui sembra essersi infilato il mondo del lavoro nell’era della globalizzazione. (Cul-de-sac è un film del 1966 diretto da Roman Polanski il quale disse:  "Talvolta o spesso un uomo si infila in un "cul de sac", volontariamente o no si entra in un tunnel nel quale, andando avanti non si intravede la luce e indietro non si può tornare " ).
Chiusa questa parentesi continuiamo dicendo che il film di Giambattista Avellino è una commedia sociale abitata da tre giovani precari che questa volta non ci stanno e puntano il dito contro la raccomandazione, ovvero quella odiosa forma di segnalazione ‘autorevole’ che mira ad agevolare un favorito ‘figlio di’ naturalmente incompetente. Avvalendosi di un cast assortito che sfrutta abilmente la duplice notorietà cinematografica e televisiva dei suoi attori, C’è chi dice no si inserisce nella nutrita schiera della nuova commedia nazionale, ‘civica e democratica’, in grado di intercettare i gusti del pubblico, il mood sociale e un tema corrente e dibattuto su giornali e mass media.
Il film si snoda attraverso le divertenti ripicche, mentre il trio di vendicatori, spinto dalla volontà di giustizia, dà vita ad un vero e proprio movimento, “I pirati del merito”, volto ad abbattere il regime delle raccomandazioni. Si ride di gusto alle battute di Ruffini e alle situazioni paradossali in cui si caccia Argentero, ma di fondo, l’amarezza resta. Il piano dei tre protagonisti sembra funzionare inizialmente per poi andare a rotoli.
Ma quando lo riprendono in mano e concludono in maniera trionfante il loro progetto di vendetta, e soprattutto smascherano gli oscuri magheggi dell’università ai danni di studenti meritevoli, il tutto si risolve in un niente di fatto. Quasi a voler dire che, anche se c’è la volontà di cambiare le cose, la speranza che cambino davvero, è pressoché nulla. Che pochi contro tanti, è una battaglia persa in partenza.
Importante, da far notare è che il film è interamente ambientato nella splendida cornice fiorentina perché, come ha affermato il regista, si voleva sottolineare l’idea della pressione: in una grande città come Roma o Milano infatti, possono presentarsi più possibilità mentre in una realtà minore, l’occasione capita una volta sola e se non la cogli al volo, è la fine.
La canzone della rivoluzione dei Baustelle chiude significativamente il film: quasi a voler suggerire che, in un paese come l’Italia, è l’unica soluzione possibile per riacquistare i nostri diritti e la nostra dignità.




IL TRAILER:
 

Andate a vederlo perchè questo è il futuro che ci aspetta, se non incominciamo a cambiare le cose!!


giovedì 14 aprile 2011

ASSIGNEMENT 6.2 : Sa chi sa che nulla sa, e chi sa che nulla sa ne sa più di chi ne sa.

Ignoranza, curiosità, ricerca, conoscenza...nuova ignoranza, ecco il processo mentale che lega tutti noi menti scientifiche e non. Noi partiamo da uno stato di ignoranza che ci stimola a studiare e a ricercare per comprendere e riempire le nostre lacune, ma sebbene sembri di essere giunti alla conoscenza, ciò non avviene mai totalmente. L'uomo, per quanto colto, esperto, saggio che sia, rimarrà sempre ignorante su qualcosa. La conoscenza umana è limitata, ma soprattutto è in continuo sviluppo e quindi priva di una fine. Proprio per tale motivo ogni giorno vengono pubblicate ricerche con dati nuovi, con conoscenza nuove, magari anche con idee discordanti con quelle passate. I migliaia di testi che si trovano nel Pubmed dimostrano come ogni giorno la conoscenza evolva e contemporaneamente testimonia quanto poco noi ne sappiamo. L'uomo ha sempre desiderato essere onniscente, e qualche volta ha e ha avuto la presunzione di pensare di esserlo. Eppure anche la persona più colta, proprio perchè tale, dovrebbe avere l'umiltà di riconoscere di essere anche lui ignorante in qualcosa; non per altro Socrate affermava: "So di non sapere". Ed è lo stesso pensiero che mi è balenato nella mente  oggi pomeriggio, quando ho assistito ad una conferenza sulla medicina orientale. Convinta di sapere abbastanza sull'argomento, sono stata travolta dalla consapevolezza di saperne poco, anzi niente, e finora non ne ero nemmeno incuriosita, poichè bloccata dal pregiudizio su tale materia; ma si sa il pregiudizio non è altro che la maschera dietro cui si nasconde l'ignoranza. Tornata a casa, presa dalla foga e dalla curiosità su argomenti a me sconosciuti, ho sfruttato la lezione su PubMed http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed per ricercare all'interno del sito, dei trattati riguardanti la medicina orientale. Ovviamente ho dovuto porre dei limiti poichè all'inizio il risultato della ricerca mi dava 13167 articoli; seguendo quindi passo passo le istruzione del prof. ho inserito dei limiti; ah a tale proposito vi avverto che i testi in italiano su tale argomento su PubMed sono zero. Posti i primi limiti, ad esempio ho richiesto solo i testi dell'ultimo anno, ho ottenuto 220 risultati; per ridurli ancora di più ho fatto una ricerca più accurata aggiungendo come nuovo parametro, la parola Italy, ovvero volevo vedere quanti testi ci fossero riguardanti la medicina orientale scritti da italiani; e finalmente ho ottenuto un risultato di testi sfogliabili, ovvero: 3. Forse la mia ricerca è stata un pò troppo accurata e ho ridotto un pò troppo i possibili testi, ma è vero anche che era la prima volta che utilizzavo tale motore di ricerca, e quindi spero che mi perdoniate..^_^ 
Vorrei concludere dicendo che PubMed, per noi di medicina e non solo, è un servizio molto utile, poichè avere la possibilità di poter consultare tanti testi diversi su uno stesso argomento, ci permette di conoscere idee e opinioni diverse, in poco tempo; tuttavia non cadiamo nell'errore di far diventare nostre le opinioni degli altri, al contrario quella quantità di nozioni, a nostra disposizione, deve stimolarci ad avere una nostra propria opinione, che chissà magari un giorno potrebbe finire tra i trattati ricercabili nel PubMed. 
Ricordiamoci che: Sapere di non sapere è la cosa migliore. Fingere di sapere quando non si sa è una malattia.  Lao Tzu 



lunedì 11 aprile 2011

VIA CON I MONOLOGHI...!

Scusate il ritardo, ma ieri non ho avuto nemmeno un minuto per dedicarmi alla settimanale classifica TOP 5, tuttavia il ritardo mi ha permesso di scegliere meglio l'argomento della classifica. 
Questa settimana ho scelto i monologhi, i quali sono a mio parere le parti migliori dei film poichè sono un momento di riflessione del protagonista in cui si cela, solitamente, la morale dell'intera storia. Mi ricordano quindi le favole che mi leggevano da piccola,che terminavano tutte con la morale, un modo piacevole per insegnarti lezioni di vita. E proprio perchè adoro i monologhi ho deciso di fare una classifica dei TOP 10, poichè non sapevo quali tra questi eliminare, quindi avrete il doppio dei filmati, il doppio del divertimento. Comunque poche chiacchere e via con le scene, se non siete d'accordo con le scelte fatte e avete altri suggerimenti scrivete senza indugi..;)

10° POSTO:  " Il libertino" (2004)


9° POSTO: "Remember me" (2010)


8° POSTO: "Happy family" (2010)


7° POSTO: "Il curioso caso di Benjamin Button" (2008)


6° POSTO: "La ricerca della felicità" (2006)


5° POSTO: "Patch Adams" (1998)


4° POSTO: " Blade Runner"  (1982)


3° POSTO: "Pulp fiction" (1994) 



2° POSTO: "Radio freccia" (1998)


1° POSTO: "The big Kahuna" (1999)




venerdì 8 aprile 2011

DOMANI TUTTI A FARE COLAZIONE DA TIFFANY



Un BUON NON COMPLEANNO a tutti coloro che non sono nati l'8 di aprile, non sto impazzendo è solo che l'altro giorno, ovvero il 6 aprile, è stato il mio compleanno e non ho avuto il tempo nemmeno di scrivere due righe. Comunque poichè ho festeggiato da poco gli anni volevo dedicare questo post a uno dei miei film preferiti: COLAZIONE DA TIFFANY. Io ho molti film preferiti, i quali ho visto decine di volte, e di alcuni ne ho già parlato in post precedenti, ma non potevo non fare un post su questo film specifico. Detto questo iniziamo questo viaggio in uno dei capolavori del cinema.
Holly è una provinciale - ma molto sofisticata - che vive a New York. Ha frequentazioni di gente di ogni tipo: artisti, ricchi, malviventi. Paul è un giovane scrittore protetto da un'amante più anziana di lui. Holly e Paul abitano nello stesso palazzo. Si conoscono, diventano amici. La ragazza, che mira a sposare un miliardario, passa da una festa all'altra, rincorre il tempo, è fragile, passa da depressioni profonde a esaltazioni sfrenate. Ma non manca mai, la mattina, rientrando da una festa, di far colazione davanti alle vetrine di Tiffany, la leggendaria gioielleria. Emergono, nel passato di Holly, scheletri e fantasmi, ma sono solo frutto della sua ingenuità. E comunque, sposare un ricchissimo messicano cancellerà tutto. Ma il magnate si tira indietro. A Holly rimane Paul, che l'ama davvero, e forse anche lei contraccambia. Alla fine i due si abbracciano nella pioggia scrosciante. Un classico della commedia americana, ma con tanti valori aggiunti, a cominciare da Truman Capote, autore del romanzo. Il film, nei decenni, è diventato un sempreverde. Anche se molti episodi e caratteri sono di maniera e scontati, qualche magia continua ad essere dispensata. A cominciare da Audrey Hepburn, nevrotica e insicura, da proteggere e scusare. Un personaggio certo datato, ma trasferibile decennio dopo decennio anche ai caratteri contemporanei, dove vale più che mai lo smarrimento e la ricerca di un'identità. C'è poi la canzone Moon River di Henry Mancini, diventata uno dei grandi temi abituali del cinema, sempreverde, appunto, e frequentatissimo. E poi Tiffany: impari, per esempio, che lì puoi comprare anche spendendo solo dieci dollari. Nessuna agenzia pubblicitaria, e nessun budget avrebbero potuto valere la "testimonial" Hepburn, davvero una delle attrici e dei personaggi più significativi del cinema e del secolo, capace, come forse nessuna, di dettare mode e comportamenti, e sogni. Il titolo, in cassetta o DVD, continua ad essere nelle classifiche dei noleggi, e non è davvero frequente per un film di quel periodo. Anche questo è un segnale.
Ovviamente protagonista indiscussa di tale film è lei la stupenda Audrey Hepburn: figlia di un banchiere inglese e di un'aristocratica olandese, Edda Kathleen van Heemstra Hepburn-Ruston nacque a Bruxelles, in Belgio, il 4 maggio 1929. A cinque anni, Audrey fu mandata in un collegio inglese; poco tempo dopo, il padre abbandonò la famiglia. Intanto, in Europa la situazione stava diventando molto difficile. Nel 1939, la madre decise di trasferirsi ad Arnhem, in Olanda, con Audrey e i due figli nati da un matrimonio precedente. Un anno dopo, i nazisti invasero l'Olanda. Durante la lunga occupazione tedesca, Audrey Hepburn soffrì per la malnutrizione, fu testimone della brutalità nazista e ad un certo punto fu costretta a nascondersi per sfuggire alla deportazione. Alla fine della seconda guerra mondiale, la famiglia si stabilì ad Amsterdam, dove Audrey ricominciò a studiare danza (la sua vera grande passione) e iniziò a lavorare come indossatrice. Dopo un'apparizione nel film Nederlands in 7 lessen (1948), si trasferì a Londra con una borsa di studio per una scuola di danza, ma continuò anche a fare la modella e iniziò a lavorare in teatro. Nel 1951 la British Pictures Corporation le offre un piccolo ruolo nel film di Charles Crichton L'incredibile avventura di Mr. Holland. Nel 1953, Audrey Hepburn conosce Colette. La famosa scrittrice trova Audrey perfetta per la parte di Gigi e, poco tempo dopo, la Hepburn è la star dello spettacolo messo in scena a Broadway. Quasi contemporaneamente, l'attrice anglo-olandese ottiene il suo primo ruolo da protagonista nel film di William Wyler Vacanze romane (1953) e vince subito l'Oscar. Un'altra nomination dell'Academy Award arriva l'anno dopo, per il film di Billy Wilder Sabrina (1954), con Humphrey Bogart e William Holden.
Il 25 settembre del 1954, Audrey Hepburn sposa Mel Ferrer. Nel 1957, Audrey è protagonista, con Fred Astaire, del film di Stanley Donen Cenerentola a Parigi ed è a fianco di Gary Cooper e Maurice Chevalier in Arianna, di Billy Wilder. Altri due straordinari successi personali arrivano con Colazione da Tiffany (1961) di Blake Edwards e My Fair Lady (1964) di George Cukor. Nel 1967, la Hepburn è Susie Hendrix nel film di Terence Young Gli occhi della notte, che le fa ottenere un'altra nomination all'Oscar.
Divorziata dal primo marito nel dicembre del 1968, il 18 gennaio 1969 Audrey Hepburn ha sposato il medico italiano Andrea Dotti. La coppia ha avuto un figlio, Luca Dotti, nato l'8 febbraio 1970. Dopo il secondo matrimonio, la Hepburn è apparsa raramente sul grande schermo: nel 1976 è stata protagonista, con Sean Connery, di Robin e Marian di Richard Lester, nel 1981 ha interpretato Angela nel film di Peter Bogdanovich E tutti risero (dove compare anche il figlio Sean Ferrer, nato dal primo matrimonio) e nel 1989 ha fatto parte del cast di Always ' Per sempre, di Steven Spielberg.
Audrey Hepburn è diventata ambasciatrice dell'Unicef nel 1988 e ha continuato a lavorare ai progetti per l'infanzia delle Nazioni Unite fino alla sua morte, avvenuta a Tolochenaz, in Svizzera, il 20 gennaio 1993.

Questi a seguire sono le scene iniziali e finali di questo film, che ogni ragazza ha visto almeno una volta nella sua vita ed ogni ragazza ha sempre desiderato avere almeno la metà della grazia della bellissima Audrey Hepburn:

 


lunedì 4 aprile 2011

ASSIGNEMENT 4: A chi serve un programma come delicious??

Voglio iniziare questo post affermando, in piena sincerità, che da quando ho aperto il mio blog ho imparato un sacco di cose nuove, e mi piace tenerlo aggiornato, anche se non ho sempre il tempo necessario per dedicarmici; e finora ho sempre svolto tutti gli assignemnt del professore, tutti fino ad oggi. Infatti, in questo post voglio chiarire le mie spiegazioni sul perché ho deciso di non registrarmi su delicious per poi inserirci i miei bookmarks. Il motivo è semplice, penso, che per l'uso che ne faccio io di internet, e per i siti che in media visito, non mi sia necessario delicious per ricordarli. Io infatti, quando mi connetto, i siti che solitamente visito sono quello dell'università, la mia posta, il mio blog, facebook, il sito delle repubblica, e ogni tanto quello di cooming soon, ed essendo così pochi non mi è difficile ricordare i loro indirizzi. Ora qualcuno potrebbe obiettare, dicendo che delicious serve per memorizzare anche i siti che non frequento spesso e che magari mi potrebbero essere utili in un futuro; è vero, ma per questo ci sono i feed, oppure li potrei salvare su i miei segnalibri preferiti, o semplicemente me li potrei segnare alla vecchia maniera sull'agenda. A questo punto vi devo confessare che sono una tradizionalista a cui piace tenere un'agenda vera, di carta, in cui scrivere indirizzi, impegni e ogni tanto anche indirizzi web, piuttosto che utilizzare il cellulare  o il computer come agenda. Inoltre anche se in seguito, non ritrovassi subito, il sito interessato, lo ricercherei andando sulla cronologia, oppure lo ricercherei su google e magari sfogliando i vari siti alla ricerca di quello, ne troverei altri più interessanti. Perderei tempo? e va beh!! Infatti, pur concordando sulla questione che delicious sia un modo molto veloce e pratico di fare ordine dei link che più si visitano, ritengo che questo sia un servizio più utile per chi  lavora con il computer o per chi comunque ci trascorre parecchio tempo. 
Comunque, pur non avendo svolto l'assignemnt, ne ho parlato a mio babbo, (professore d'arte alle medie, estremo curioso del mondo dei computer, ma poco pratico di essi), e lui ,letto il post del professore, ha deciso che si registrerà su delicious. Lui infatti, essendo un professore naviga spesso in internet, alla ricerca di immagini, esercizi e nuove idee per la didattica. Mio babbo, quindi, non solo ha aperto un blog con i suoi studenti dove possono interagire con lui e con altre scuole, ma è deciso anche a registrarsi al più presto su delicious per mettere in ordine tutti i suoi links preferiti e per poterli condividere con altri docenti. Inoltre per lui , questo social network,  sarebbe molto utile anche per trovare velocemente i link aderenti alla sua didattica e ai suoi interessi, che magari altre persone hanno già trovato e condiviso. In conclusione, non ho svolto io personalmente l'assignment 4, ma indirettamente ho incuriosito mio padre il quale ne trarrà vantaggio.
Volevo dire inoltre, che è vero che è più facile se le cose sono tutte in ordine, ma io oltre ad essere tradizionalista, sono una sostenitrice della teoria del caos/del disordine, la cui bellezza sta proprio nella sua variabilità imprevedibile; mi sembra quindi giusto concludere con le parole di un grande psichiatra, antropologo svizzero (di cui mi parlò la professore di filosofia al liceo): "In ogni caos c’è un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto." (Carl Gustav Jung).

domenica 3 aprile 2011

TOP 5: SAYONARA

La TOP di oggi è dedicata a coloro che sono amanti del Giappone e visto le recenti tragedie che l'hanno colpito ho avuto l'idea di fare la classifica dei miglior films ambientati nel favoloso panorama giapponese.


5° POSTO: "NANA" (tratto dall'omonimo manga, 2005)


4° POSTO: "L'ULTIMO SAMURAI" (2003)


3° POSTO: "KILL BILL 1" (2003)


2° POSTO:" LA CITTà INCANTATA" (2001, scritto e diretto dal grande regista di film di animazione: Hayao Miyazaki)


1° POSTO: " MEMORIE DI UNA GEISHA" (2005, guardatelo se non lo avete ancora visto perchè è favoloso)

martedì 29 marzo 2011

ASSIGNEMENT 3: COLTIVARE LE CONNESSIONI

Appena ho finito di leggere il brano, mi sono sentita stordita, confusa, quasi travolta dalla valanga di termini e di concetti contenuti nel brano. Insomma sapete quella sensazione che si prova dopo aver studiato  tanto e sembra che il cervello scoppi dalle troppe nozioni acquisite? Beh la stessa sensazione l'ho provata io alla fine della lettura. Infatti, ho scritto questo post solo il giorno dopo aver letto il brano, in modo da schiarirmi la mente, farmi un'idea e poter esprimere la mia opinione sui punti che mi hanno colpito maggiormente. I punti a cui mi riferisco sono due: 
1) l'idea della rete; 
2) la paura che le relazioni fredde tecnologiche annullino le relazioni calde umane.

Sul primo punto concordo in pieno sull'immagine dell'organizzazione del mondo come se fosse una rete e non una gerarchia. Infatti, abbiamo esempi di rete ovunque: la società è una rete di persone, la vita è uuna rete di eventi e di conoscenze, lo studio è una rete di nozioni ed infine internet e il mondo tecnologico, che sono una rete invisibile che avvolge, oramai, ogni aspetto di noi e delle nostre vite. A questo punto è implicito che mi domandi, come siamo finiti, noi, in tutte queste reti? Secondo me siamo noi stessi ad averle create; noi siamo i nodi che connessi ad altri costituiscono una rete forte e resistente, ma se dissociati perdiamo la nostra funzione e la nostra esistenza. Siamo quindi noi, ogni volta a creare inconsciamente una rete che si espande in modo esplosivo e dove i "nodi" diventiamo si indispensabili, ma allo stesso tempo rischiamo di rimanerci intrappolati. Vi siete, infatti, mai domandati se siamo noi a controllare la tecnologia o è quest'ultima a controllare noi? Per rispondere ognuno dovrebbe pensare all'uso che ne fa: per lavoro, per piacere, per curiosità, per studio etc..
Internet e la tecnologia generale sono stati un grande passo avanti dell'umanità, hanno risolto numerosi problemi e hanno per certi aspetti migliorato la vita, eppure hanno portato anche numerose conseguenze negative. Uno dei cambiamenti più evidente è quello riguardante la comunicazione; è vero che ora possiamo parlare con una persona all'altro capo del mondo e sapere l'opinione di tutti su tutto, ma a mio parere questa maggiore capacità quantitativa di comunicare, non ha mantenuta la qualità del passato. I nostri bisnonni o nonni, pur avendo, spesso, una minore conoscenza e possibilità linguistica, comunicavano in modo più diretto e più vivo. Adesso non ci si scrive più lettere, nemmeno le cartoline, alcune volte non ci telefoniamo nemmeno più, poichè è più veloce sentire più persone contemporaneamente su FB o MSN. Sull'aspetto pratico e veloce non ho niente da obiettare, ma penso che la praticità e la velocità che tanto cerchiamo in ogni aspetto della nostra vita, abbia preso il sopravvento sulla qualità. Non dico che oggi giorno siamo più ignoranti linguisticamente, ma solo che siamo più pigri; è troppo faticoso scrivere una bella lettera a qualcuno quando lo si può contattare in chat. E lo stesso vale per le ricerche: internet è un mondo in cui puoi trovare qualsiasi risposta alle tue domande, con un semplice clic. Inoltre penso che Leopardi pur essendo felice di avere a disposizione internet, non lo avrebbe usato, perchè cercare su internet non è come cercare in una libreria dove sfogliando libri, alla ricerca di qualcosa, se ne scoprono molte altre. Con ciò non voglio dire che sono contro internet e la tecnologia, perchè sarei un'ipocrita, poichè anche io ne uso e ne riconosco i numerosi vantaggi, ma penso che non si debba farne l'unica risorsa a disposizione, ma bensì affiancarla a quelle più tradizionali. Usiamo internet, scriviamo blog, ma leggiamo libri veri, scriviamo vere lettere su carta; andiamo al cinema ogni tanto, invece di vedere solo film scaricati. Comunichiamo con tutto il mondo tramite i social network, perchè ci permettono di conoscere realtà diverse in poco tempo, ma non dimentichiamoci di comunicare con la realtà a noi più vicina. Non perdiamo di vista la ricchezza del mondo reale solo perchè abbiamo la fortuna di avere anche la ricchezza del mondo online. Usiamo le connessioni fredde, ma solo affiancandole a quelle calde, raggiungendo così un perfetto equilibrio. Ricordiamoci che non è tutto nero o bianco, ma esistono le sfumature che prendono il meglio dei due estremi e che possono portare solo ad un miglioramento.
E con ciò concludo questo lungo monologo, forse non troppo chiaro; forse professore dovrei proprio "fare una passeggiata rilassante nel bosco". ^_^






lunedì 28 marzo 2011

TOP 5: NON FATE LA GUERRA FATE L'AMORE

In questo periodo di guerra, dove anche l'Italia è protagonista non potevo non fare una TOP 5 dedicata all'amore, e quale gesto è più esplicativo per un tale sentimento, di un bacio. Quindi ecco a voi la mia TOP 5 dei baci più belli del cinema, e ricordate che non c'è niente di più bello e di più vivo che un gesto di vero affetto, amore, amicizia che sia nei confronti dei vostri parenti, amici, fidanzati/e...non date per scontato che sappiano che gli/le volete bene. In conclusione baciatevi di più e litigate di meno.

5° POSTO:  "Serendipity" 2001


4° POSTO: " Un bacio romantico" 2007



3° POSTO: " Titanic" 1997


2° POSTO: " Ghost" 1990
1° POSTO: "Colazione da Tiffany"  1961




venerdì 25 marzo 2011

RIBELLI PER CASO

Salve, premetto che tale post è rivolto principalmente ai miei compagni di corso, poichè tratta di uno degli argomenti chiave della medicina: il rapporto medico-paziente. Lo so mi state infamando in questo momento perchè già la Lippi ci ha "martellato" su questo punto, e per molti le considerazioni che farò sembreranno banali o ovvie, eppure ci sono anche quelli che pensano che sia facile instaurare un rapporto medico-paziente, o quelli che non lo considerano necessario. Io faccio servizio come volontaria sull'ambulanza da 4 anni e nel mio caso si instaura un rapporto breve tra me e la persona, questione al massimo di un'ora, ma basta che in quel frangente di tempo la persona si fidi di me e delle mie abilità in modo che si calmi, collabori e renda meno traumatico possibile il soccorso. Vengo a contatto ogni volta con situazioni diverse, persone diverse, che provano emozioni diverse; ovviamente la maggior parte delle persone ha paura, ma c'è anche chi è tranquillo e lucido, c'è quello agitato, quello folle, quello che si mette a piangere e si sfoga come se si stesse confessando in chiesa, e poi ci sono quelle persone (principalmente anziani) che hanno solo voglia di parlare con qualcuno. Vengo a contatto con persone più o meno simpatiche, ma ti cui devo ottenere in pochi minuti fiducia, se non ho la loro fiducia, non collaborano e se non collaborano le manovre diventano più difficoltose e il paziente soffre e si sente a disagio. Infatti, durante il corso di soccorritore in una delle lezioni base ti insegnano che  è molto importante l'approccio con il paziente e con i famigliari: ti insegnano ad approcciarti al paziente frontalmente e a rivolgersi a lui/ lei in modo cordiale e rispettoso allo stesso tempo.
Tuttavia ho capito realmente di cosa stesse parlando la professoressa Lippi nelle sue lezioni, quando sono stata io, sottoscritta, la paziente da curare. Infatti, qualche mese fa dovevo fare degli accertamenti per un nodulo al seno e vi giuro che non mi sono mai sentita spaventata come quando sono andata a fare quella maledetta ecografia. La dottoressa incaricata, mi dava degli ordini: spogliati, sdraiati, rilassati, e così via. Non ero per niente a mio agio e lei non faceva altro che peggiorare la situazione. Dopo aver fatto l' ecografia si è alzata ha scritto quello che aveva visto sul computer, mi ha dato altri ordini, e poi con tono quasi scocciato mi  ha detto l'esito dell'esame: "signorina, non è una ciste come le avevano detto, ma un adenofibroma, insomma un tumore, ma dall'aspetto benigno, non si preoccupi, torni fra sei mesi per vedere se cresce oppure no, grazie e arrivederci!" Due frasi di routine, un accenno di sorriso e mi ha  accompagnata gentilmente fuori. Mi ha liquidato così velocemente che non mi rendevo conto di cosa mi avesse appena detto, e quasi  mi sentivo in  colpa per averle fatto perdere del tempo. Io non voglio che le persone che soccorro o i futuri pazienti che avrò, si sentano un peso, una scocciatura, una routine, perchè non voglio che succeda mai più a me.

Tutta questa premessa personale, è servita per introdurre il film che vi presento oggi in questo post  un film che ho visto la settimana scorsa e che tratta in modo ironico l'argomento del rapporto medico-paziente . Il film, "RIBELLI PER CASO" di Vincenzo Terracciano (con Antonio Catania, Giovanni Esposito, Renato Scarpa, Tiberio Murgia) è uscito nelle sale cinematografiche  nel 2001 e si svolge nella stanza 104 di un pittoresco ospedale napoletano in cui convivono cinque uomini di mezza età. Adriano, un impiegato, viene ricoverato nel reparto di gastroenterologia di un ospedale napoletano, nella stanza con lui, la numero 104, ci sono altri pazienti: Ciro, fruttivendolo, Guido, professore, Armando, bancario, Vincenzo, venditore di vino. Quest'ultimo, che è in stato comatoso, è assistito dai due figli. Uniti dalla comune attesa di conoscere gli esiti delle analisi, i pazienti stringono amicizia. Così nella frustrazione dei pranzi poco gustosi e della mancanza di libertà, i cinque degenti decidono, di nascosto, di organizzare una cena con tutti gli alimenti che è loro vietato mangiare. La cena, fatta il sabato sera quando il personale è ridotto, diventa il momento della loro ribellione. Barricatisi in stanza, i pazienti si intrattengono a lungo a tavola, sordi a qualsiasi richiamo o minaccia che si stanno concretizzando dall'esterno. Interviene anche un commissario di Polizia che, esasperato, arriva a sfondare il muro della stanza accanto per raggiungerli. Un malore, non letale, di Ciro pone tuttavia fine alla grande abbuffata. A seguito di quest'esperienza Adriano trova la forza per farsi dire con chiarezza dal medico di avere un cancro, mentre Guido trova il coraggio per dichiararsi a Maria, l'infermiera più premurosa. Dopo la grande mangiata, Vincenzo, risvegliatosi proprio con l'odore del cibo, cade di nuovo nel suo stato comatoso. L'avventura nella stanza 104 si conclude con una danza liberatoria che coinvolge tutto il reparto e fa infine comparire un sorriso sull'arcigno volto del primario Sorvino.

Per stuzzicare la voglia di vedere questo film vi inserisco una delle scene più significative di questo film, anche se avrei voluto farvi vedere la scena finale,(che purtroppo non ho trovato), dove in poche battute si evidenzia l'importanza di un rapporto di dialogo che  si dovrebbe instaurare tra il paziente e il  medico curante, ma che spesso, come nel film, viene a mancare. Guardate il film e capirete: