La mia filosofia..


"Ci vuole un minuto per notare una persona speciale, un'ora per apprezzarla, un giorno per volerle bene, una parola per ferirla, ma poi tutta una vita per dimenticarla!"

mercoledì 27 aprile 2011

QUANDO SI è ALLA RICERCA DI SE STESSI...ALCUNE VOLTE CI SI PERDE

L'altro giorno ho rivisto un film stupendo che ti fa pensare su tante cose, sul valore dei soldi, sul valore di chi siamo. Spesso perdiamo la nostra identità immersi in un mondo pieno di etichette e di pregiudizi. Ma se vi chiedessi quale è per voi il senso della vita, cosa mi rispondereste? Beh io non credo di avere una risposta, ma vi citerò una delle più belle frasi che si trova nel film di cui fra poco vi parlerò: "HAPPINESS IS REAL  ONLY WHEN SHARED!".
Il film da cui ho tratto questa frase, si intitola: INTO THE WILD.
Storia vera del neo-laureato Christopher McCandless (Emile Hirsh) che nel 1992, a 22 anni, stanco del consumismo e del benessere fittizio decide di abbandonare la famiglia e le promettenti prospettive di studio e professione, dà in beneficenza tutti i suoi averi (24.292 dollari) e affronta un viaggio senza nessun sostegno né economico né umano che lo porterà nei luoghi più selvaggi degli Stati Uniti fino ad immergersi nell'immensa natura dell'Alaska, che segnerà per sempre la sua esistenza, fino a quando quattro mesi dopo verrà trovato morto accanto al suo diario.
Il film è tratto dal libro di Jon Krakauer, Nelle terre estreme, uscito negli Stati Uniti nel 1996.
Quando Sean Penn vide in una libreria di Brentwood il libro di Krakauer fu immediatamente attratto dall’immagine di copertina: un autobus abbandonato nella neve. Quella notte lesse due volte di seguito il libro e la mattina successiva si mise subito all’opera per ottenerne i diritti cinematografici. La famiglia però non voleva che la drammatica vicenda di Chris diventasse un film e per ben dieci anni si è opposta alla versione cinematografica del libro.
Billie McCandless, madre di Chris, aveva fortissime remore perché diceva di aver visto in sogno il figlio che la pregava di non cedere i diritti cinematografici della sua storia. Poi un giorno Penn ha avuto, senza che si potesse spiegare il perché, il consenso per fare il film di cui aveva già in testa la sceneggiatura: ha dovuto solo scriverla.

Certamente non era facile riuscire non solo a raccontare il viaggio, i luoghi, le persone in cui il ragazzo in quei due anni si era imbattuto, ma le emozioni, i pensieri, i turbamenti che lo portarono via via a scelte sempre più radicali.
Prima della seconda stesura della sceneggiatura Penn ha ripercorso, tappa dopo tappa, quel viaggio e ha voluto conoscere le persone che avevano condiviso dei momenti di quel percorso (anche interiore) di Chris. Molto importanti poi sono stati gli incontri con la famiglia del ragazzo, in particolare con la sorella Carine. I due fratelli erano uniti da un legame fortissimo e la ragazza conservava lettere, ricordi, appunti e un suo diario di quel periodo che ha messo a disposizione del regista e sceneggiatore.
La scelta del protagonista è caduta sul ventiduenne Emile Hirsch. Penn ha frequentato il giovane attore per quattro mesi prima di assegnargli il ruolo, quasi per metterlo alla prova e verificarne la disponibilità, che doveva essere totale, a mettersi in gioco: avrebbe dovuto fare rafting, arrampicate, vivere in condizioni estreme per otto mesi, praticamente trasformarsi da ragazzo in uomo durante le riprese. 
Ecco nelle parole dell’attore questa sua esperienza: “Quando mi sono trovato in quel posto, con indosso i veri vestiti che portava Chris, e sulle spalle il suo vero zaino, che era davvero molto pesante, mi sono chiesto come abbia fatto ad avanzare in quel freddo, in quella neve, in un ambiente così ostile.”
Inoltre Hirsch ha iniziato le riprese dopo aver perso quasi venti chili di peso ed è arrivato a pesare 52 chili nelle scene finali del film. Proprio perché è più facile riprendere peso che perderlo, le scene finali sono state le prime ad essere girate.


Per entrare maggiormente nel mondo di Chris, Penn ha scritturato Wayne Westerberg con cui Chris aveva fatto amicizia nel South Dakota, come consulente e autista di camion durante le riprese.

Il film è stato suddiviso in capitoli su cui vengono scanditi i due anni del viaggio e che corrispondono a vari momenti della vita: come se il viaggio fosse appunto un’iniziazione, che fa percorrere il tragitto che va dalla nascita, alla presa di coscienza, alla morte. Lo spettatore entra così  profondamente  nella psicologia di Chris, nella sua purezza, nella sua ostinazione in quello che era, in quello che avrebbe voluto essere e in quello che credeva di essere. Si passa dai campi di grano dorato del South Dakota ai vortici del fiume Colorado percorso controcorrente, fino alla comune alternativa di Slab City in California. Incontrerà uomini e donne che vivono ai margini della società americana, incontri che lo cambieranno e che provocheranno cambiamenti anche in quegli uomini e in quelle donne. Poi Chris decide di andare oltre, di arrivare là, dove la natura è davvero selvaggia, in Alaska e di farlo da solo, senza mediazioni umane.
La natura selvaggia (i luoghi sono proprio quelli attraversati dal ragazzo) è vista attraverso gli occhi di quell’indomito viaggiatore e l’autenticità ci viene trasmessa anche grazie all’uso di attori mescolati a non attori, a immagini di altissima poesia e a momenti di crudo realismo.

Una fortissima emozione ha suscitato in tutta la troupe la visione dell’autobus (che proveniva  dal trasporto pubblico della città di Fairbanks ed era stato portato là per ospitare le squadre di operai  addetti alla costruzione della ferrovia) in cui Chris visse le ultime fasi della sua vita, le scritte che lui aveva tracciato sul soffitto, i suoi oggetti e tutte le tracce della sua presenza ed era stata proprio l’immagine di quell’autobus immerso nella neve sulla copertina del libro di Krakauer ad attirare dalla vetrina di una libreria Sean Penn. 
Il mezzo autentico è rimasto là, in quel bosco dell’Alaska, e non è stato utilizzato per le riprese, per rispetto per la famiglia del ragazzo, ma  è stato perfettamente ricostruito.
Terribili le immagini degli ultimi giorni di vita disperato tentativo di cercare una via di salvezza, e del quando ormai tutte le forze se ne erano andate, nessuno poteva sentire le richieste d'aiuto e la natura selvaggia aveva avuto il definitivo predominio. 






Se vi piacciono i film che alla fine vi lasciano pieni di domande, e che vi lasciano con la sensazione di aver imparato qualcosa in più...guardatelo. Ovviamente non è un film leggero da vedere con gli amici, non è divertente, ma è semplicemente vero e toccante.

There is a pleasure in the pathless woods,
There is a rapture on the lonely shore,
There is society, where none intrudes,
By the deep sea, and music in its roar:
I love not man the less, but Nature more.

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